Niccol Machiavelli

Dell'arte della guerra


 Libro VII

         Voi dovete sapere come le terre e le rocche possono essere forti o per natura o per industria. Per natura sono forti quelle che sono circundate da fiumi o da paludi, come Mantova e Ferrara, o che sono poste sopra uno scoglio o sopra uno monte erto, come Monaco e Santo Leo; perch quelle poste sopra a' monti, che non sieno molto difficili a salirgli, sono oggi, rispetto alle artiglierie e le cave, debolissime. E per il pi delle volte nello edificare si cerca oggi uno piano, per farlo forte con la industria. La prima industria fare le mura ritorte e piene di volture e di ricetti; la quale cosa fa che 'l nimico non si pu accostare a quelle, potendo facilmente essere ferito non solamente a fronte, ma per fianco. Se le mura si fanno alte, sono troppo esposte a' colpi dell'artiglieria s'elle si fanno basse, sono facili a scalare. Se tu fai i fossi innanzi a quelle per dare difficult alle scale, se avviene che il nimico gli riempia ( il che pu uno grosso esercito fare facilmente) resta il muro in preda del nimico. Pertanto io credo, salvo sempre migliore giudicio, che a volere provvedere all'uno e all'altro inconveniente, si debba fare il muro alto e con fossi di dentro e non di fuora. Questo il pi forte modo di edificare che si faccia, perch ti difende dall'artiglierie e dalle scale, e non d facilit al nimico di riempiere il fosso. Debbe essere adunque il muro alto di quale altezza vi occorre maggiore, e grosso non meno di tre braccia, per rendere pi difficile il farlo rovinare. Debbe avere poste le torri con gli intervalli di dugento braccia; debbe il fosso dentro essere largo almeno trenta braccia e fondo dodici; e tutta la terra che si cava per fare il fosso, sia gettata di verso la citt, e sia sostenuta da uno muro che si parta dal fondo del fosso e vadia tanto alto sopra la terra che uno uomo si cuopra dietro a quello: la quale cosa far la profondit del fosso maggiore. Nel fondo del fosso ogni dugento braccia vuole essere una casamatta che, con l'artiglierie, offenda qualunque scendesse in quello. L'artiglierie grosse che difendono la citt, si pongano dietro al muro che chiude il fosso; perch, per difendere il muro davanti, sendo alto, non si possono adoperare commodamente altro che le minute o mezzane. Se il nimico ti viene a scalare, l'altezza del primo muro facilmente ti difende. Se viene con l'artiglierie, gli conviene prima battere il muro primo; ma battuto ch'egli , perch la natura di tutte le batterie fare cadere il muro di verso la parte battuta, viene la rovina del muro, non trovando fosso che la riceva e nasconda a raddoppiare la profondit del fosso, in modo che passare pi innanzi non ti possibile, per trovare una rovina che ti ritiene, uno fosso che ti impedisce e l'artiglierie nimiche che dal muro del fosso sicuramente ti ammazzano. Solo vi questo rimedio: riempiere il fosso; il che difficilissimo, s perch la capacit sua grande, s per la difficult che nello accostarvisi, essendo le mura sinuose e concave, tra le quali, per le ragioni dette, con difficult si pu entrare, e di poi avendo a salire con la materia su per una rovina che ti d difficult grandissima, tanto che io fo una citt cos ordinata al tutto inespugnabile.
         BATISTA Quando si facesse, oltre al fosso di dentro, ancora uno fosso di fuora, non sarebbe ella pi forte?
         FABRIZIO Sarebbe sanza dubbio; ma il ragionamento mio , volendo fare uno fosso solo, ch'egli sta meglio dentro che fuora.
         BATISTA Vorresti voi che ne' fossi fusse acqua, o gli ameresti asciutti?
         FABRIZIO Le opinioni sono diverse perch i fossi pieni d'acqua ti guardano dalle cave sutterranee, i fossi sanza acqua ti fanno pi difficile il riempierli. Ma io, considerato tutto, li farei sanza acqua perch sono pi sicuri, e si visto di verno ghiacciare i fossi e fare facile la espugnazione di una citt come intervenne alla Mirandola, quando papa Iulio la campeggiava. E per guardarmi dalle cave, gli farei profondi tanto che chi volesse andare pi sotto trovasse l'acqua. Le rocche ancora edificherei, quanto a' fossi e alle mura, in simile modo, acci ch'elle avessero la simile diffficult a espugnarle. Una cosa bene voglio ricordare a chi difende le citt: e questo che non facciano bastioni fuora e che sieno discosto dalle mura di quelle, ed un'altra a chi fabbrica le rocche: e questo , che non faccia ridotto alcuno in quelle, nel quale chi vi dentro, perduto il primo muro, si possa ritirare. Quello che mi fa dare il primo consiglio che niuno debbe fare cosa mediante la quale, sanza rimedio, tu cominci a perdere la tua prima riputazione; la quale, perdendosi, fa stimare meno gli altri ordini tuoi e sbigottire coloro che hanno preso la tua difesa. E sempre t'interverr questo che io dico, quando tu faccia bastioni fuora della terra che tu abbia a difendere; perch sempre gli perderai, non si potendo oggi le cose piccole difendere, quando elle sieno sottoposte al furore delle artiglierie; in modo che, perdendoli, fieno principio e cagione della tua rovina. Genova, quando si ribell dal re Luigi di Francia, fece alcuni bastioni su per quegli colli che gli sono d'intorno; i quali, come furono perduti (che si perderono subito) fecero ancora perdere la citt. Quanto al consiglio secondo, affermo niuna cosa essere ad una rocca pi pericolosa, che essere in quella ridotti da potersi ritirare, perch la speranza che gli uomini hanno abbandonando uno luogo, fa che egli si perde, e quello perduto fa perdere poi tutta la rocca. Di esemplo ci fresco la perdita della rocca di Furl, quando la contessa Caterina la difendeva contra a Cesare Borgia, figliuolo di papa Alessandro VI, il quale vi aveva condotto l'esercito del re di Francia. Era tutta quella fortezza piena di luoghi da ritirarsi dall'uno nell'altro; perch vi era prima la cittadella da quella alla rocca era uno fosso, in modo che vi si passava per uno ponte levatoio; la rocca era partita in tre parti e ogni parte era divisa con fossi e con acque dall'altra, e con ponti da quello luogo a quell'altro si passava. Donde che il duca batt con l'artiglieria una di quelle parti della rocca e aperse parte del muro, donde messer Giovanni da Casale, che era preposto a quella guardia, non pens di difendere quella apertura, ma l'abbandon per ritirarsi negli altri luoghi; tal che, entrate le genti del duca sanza contrasto in quella parte, in uno subito la presero tutta, perch diventarono signori de' ponti che andavano dall'uno membro all'altro. Perdessi adunque questa rocca, ch'era tenuta inespugnabile, per due difetti: l'uno per avere tanti ridotti, l'altro per non essere ciascuno ridotto signore de' ponti suoi. Fece, dunque, la mala edificata fortezza e la poca prudenza di chi la difendeva vergogna alla magnanima impresa della contessa, la quale aveva avuto animo ad aspettare uno esercito, il quale n il re di Napoli n il duca di Milano aveva aspettato. E bench gli suoi sforzi non avessero buono fine, nondimeno ne riport quello onore che aveva meritata la sua virt. Il che fu testificato da molti epigrammi in quegli tempi in sua lode fatti. Se io avessi pertanto ad edificare rocche, io farei loro le mura gagliarde e i fossi nel modo abbiamo ragionato; n vi farei dentro altro che case per abitare, e quelle farei deboli e basse di modo ch'elle non impedissero, a chi stesse nel mezzo della piazza, la vista di tutte le mura, acci che il capitano potesse vedere con l'occhio dove potesse soccorrere, e che ciascuno intendesse che, perdute le mura e il fosso, fusse perduta la rocca. E quando pure io vi facessi alcuno ridotto, farei i ponti divisi in tal modo che ciascuna parte fusse signore de' ponti dalla banda sua, ordinando che battessero in su' pilastri nel mezzo del fosso.
         BATISTA Voi avete detto che le cose piccole oggi non si possono difendere; ed egli mi pareva avere inteso al contrario: che quanto minore era una cosa, meglio si difendeva.
         FABRIZIO Voi non avevi inteso bene perch egli non si pu chiamare oggi forte quello luogo dove, chi lo difende, non abbia spazio da ritirarsi con nuovi fossi e con nuovi ripari; perch egli tanto il furore delle artiglierie, che quello che si fonda in su la guardia d'uno muro e d'uno riparo solo, s'inganna; e perch i bastioni, volendo che non passino la misura ordinaria loro, perch poi sarebbono terre e castella, non si fanno in modo che altri si possa ritirare, si perdono subito. adunque savio partito lasciare stare questi bastioni di fuora e fortificare l'entrate delle terre e coprire le porte di quelle con rivellini, in modo che non si entri o esca della porta per linea retta, e dal rivellino alla porta sia uno fosso con uno ponte. Affortificansi ancora le porte con le saracinesche, per potere mettere dentro i suoi uomini quando sono usciti fuora a combattere, e, occorrendo che i nimici gli caccino, ovviare che alla mescolata non entrino dentro con loro. E per sono trovate queste, le quali gli antichi chiamano cateratte, le quali, calandosi, escludono i nimici e salvono gli amici; perch in tale caso altri non si pu valere n de' ponti n della porta, sendo l'uno e l'altra occupata dalla calca.
         BATISTA Io ho vedute queste saracinesche che voi dite, fatte nella Magna di travette in forma d'una graticola di ferro, e queste nostre sono fatte di panconi tutte massicce. Disidererei intendere donde nasca questa differenza e quali sieno pi gagliarde.
         FABRIZIO Io vi dico di nuovo che i modi e ordini della guerra in tutto il mondo rispetto a quegli degli antichi, sono spenti; ma in Italia sono al tutto perduti, e se ci cosa un poco pi gagliarda, nasce dallo esemplo degli oltramontani. Voi potete avere inteso, e quest'altri se ne possono ricordare, con quanta debolezza si edificava innanzi che il re Carlo di Francia nel mille quattrocento novantaquattro passasse in Italia. I merli si facevano sottili un mezzo braccio, le balestriere e le bombardiere si facevano con poca apertura di fuora e con assai dentro, e con molti altri difetti che, per non essere tedioso, lascer; perch da' merli sottili facilmente si lievano le difese, e le bombardiere edificate in quel modo facilmente si aprono. Ora da' Franciosi si imparato a fare il merlo largo e grosso, e che ancora le bombardiere sieno larghe dalla parte di dentro e ristringano infino alla met del muro e poi di nuovo rallarghino infino alla corteccia di fuora, questo fa che l'artiglieria con fatica pu levare le difese. Hanno pertanto i Franciosi, come questi, molti altri ordini i quali, per non essere stati veduti da' nostri, non sono stati considerati. Tra' quali questo modo di saracinesche fatte ad uso di graticola, il quale di gran lunga migliore modo che il vostro; perch, se voi avete per riparo d'una porta una saracinesca soda come la vostra, calandola, voi vi serrate dentro e non potete per quella offendere il nimico; talmente che quello con scure o con fuoco la pu combattere sicuramente. Ma s'ella fatta ad uso di graticola, potete, calata ch'ella , per quelle maglie e per quegli intervalli difenderla con lance, con balestre e con ogni altra generazione d'armi.
         BATISTA Io ho veduto in Italia un altra usanza oltramontana, e questo fare i carri delle artiglierie co' razzi delle ruote torti verso i poli. Io vorrei sapere perch gli fanno cos, parendomi che sieno pi forti diritti, come quegli delle ruote nostre.
         FABRIZIO Non crediate mai che le cose che si partono da modi ordinarii sieno fatte: a caso; e se voi credessi che gli facessero cos per essere pi begli, voi erreresti, perch dove necessaria la fortezza, non si fa conto della bellezza, ma tutto nasce perch sono assai pi sicuri e pi gagliardi che i vostri. La ragione questa: il carro, quando egli carico, o e' va pari, o e' pende sopra il destro o sopra il sinistro lato. Quando egli va pari, le ruote parimente sostengono il peso, il quale, sendo diviso ugualmente tra loro, non le aggrava molto; ma, pendendo, viene ad avere tutto il pondo del carro addosso a quella ruota, sopra la quale egli pende. Se i razzi di quella sono diritti, possono facilmente fiaccarsi, perch, pendendo la ruota, vengono i razzi a pendere ancora loro e a non sostenere il peso per il ritto. E cos quando il carro va pari e quando eglino hanno meno peso, vengono ad essere pi forti; quando il carro va torto e che vengono ad avere pi peso, e' sono pi deboli. Al contrario appunto interviene a' razzi torti de' carri franciosi; perch, quando il carro, pendendo-sopra una banda, ponta sopra di loro, per essere ordinariamente torti, vengono allora ad essere diritti e potere sostenere gagliardamente tutto il peso; che quando il carro va pari e che sono torti lo sostengono mezzo. Ma torniamo alle nostre citt e rocche. Usano ancora i Franciosi per pi sicurt delle porte delle terre loro e per potere nelle ossidioni pi facilmente mettere e trarre genti di quelle, oltre alle cose dette, un altro ordine del quale io non ne ho veduto ancora in Italia alcuno esemplo, e questo che rizzano dalla punta di fuora del ponte levatoio due pilastri, e sopra ciascuno di quegli bilicono una trave, in modo che le met di quelle vengano sopra il ponte l'altre met di fuora. Di poi tutta quella parte che viene di fuora congiungono con travette, le quali tessono dall'una trave all'altra ad uso di graticola, e dalla parte di dentro appiccano alla punta di ciascuna trave una catena. Quando vogliono adunque chiudere il ponte dalla parte di fuora, eglino allentano le catene e lasciano calare tutta quella parte ingraticolata la quale, abbassandosi, chiude il ponte; e quando lo vogliono aprire, tirano le catene, e quella si viene ad alzare; e puossi alzare tanto che vi passi sotto uno uomo e non uno cavallo, e tanto che vi passi il cavallo e l'uomo, e chiuderla ancora affatto, perch'ella si abbassa ed alza come una ventiera di merlo. Questo ordine pi sicuro che la saracinesca, perch difficilmente pu essere dal nimico impedito in modo che non cali, non calando per una linea retta come la saracinesca, che facilmente si pu puntellare. Deono adunque coloro che vogliono fare una citt, fare ordinare tutte le cose dette, e di pi si vorrebbe, almeno uno miglio intorno alle mura, non vi lasciare n cultivare, n murare, ma fusse tutta campagna dove non fusse n macchia, n argine, n arbori, n casa che impedisse la vista e che facesse spalle al nimico che si accampa. E notate che una terra che abbia i fossi di fuora con gli argini pi alti che il terreno, debolissima; perch quegli fanno riparo al nimico che ti assalta e non gli impediscono l'offenderti, perch facilmente si possono aprire e dare luogo alle artiglierie di quello. Ma passiamo dentro nella terra. Io non voglio perdere molto tempo in mostrarvi come, oltre alle cose predette, conviene avere munizioni da vi vere e da combattere, perch sono cose che ciascuno se le intende e, sanza esse, ogni altro provvedimento vano. E generalmente si dee fare due cose: provvedere s e torre commodit al nimico di valersi delle cose del tuo paese. Per gli strami, il bestiame, il frumento che tu non puoi ricevere in casa, si dee corrompere. Debbe ancora, chi difende una terra, provvedere che tumultuariamente e disordinatamente non si faccia alcuna cosa, e tenere modi che in ogni accidente ciascuno sappia quello abbia a fare. Il modo questo: che le donne, i vecchi, i fanciugli e i deboli si stieno in casa e lascino la terra libera a' giovani e gagliardi; i quali armati si distribuiscano alla difesa, stando parte di quegli alle mura, parte alle porti, parte ne' luoghi principali della citt, per rimediare a quegli inconvenienti che potessero nascere dentro; un'altra parte non sia obligata ad alcuno luogo, ma sia apparecchiata a soccorrere a tutti, richiedendolo il bisogno. Ed essendo le cose ordinate cos, possono con diffficult nascere tumulti che ti disordinino. Ancora voglio che notiate questo nelle offese e difese delle citt: che niuna cosa d tanta speranza al nimico di potere occupare una terra, quanto il sapere che quella non consueta a vedere il nimico; perch molte volte, per la paura solamente, sanza altra esperienza di forze, le citt si perdono. Per debbe uno, quando egli assalta una citt simile, fare tutte le sue ostentazioni terribili. Dall'altra parte chi assaltato debba preporre, da quella parte che il nimico combatte, uomini forti e che non gli spaventi l'opinione ma l'arme; perch se la prima pruova torna vana, cresce animo agli assediati, e di poi il nimico forzato a superare chi dentro con la virt e non con la reputazione. Gli instrumenti co' quali gli antichi difendevano le terre erano molti, come baliste, onagri, scorpioni, arcubaliste, fustibali, funde; ed ancora erano molti quegli co' quali le assaltavano, come arieti, torri, musculi, plutei, vinee, falci, testudini. In cambio delle quali cose sono oggi l'artiglierie, le quali servono a chi offende e a chi si difende; e per io non ne parler altrimenti. Ma torniamo al ragionamento nostro, e vegnamo alle offese particolari. Debbesi avere cura di non potere essere preso per fame e di non essere sforzato per assalti. Quanto alla fame, si detto che bisogna, prima che la ossidione venga, essersi munito bene di viveri. Ma quando ne manca per la ossidione lunga, si veduto usare qualche volta qualche modo estraordinario ad essere provvisto dagli amici che ti vorrebbero salvare,massime se per il mezzo della citt assediata corre uno fiume; come ferno i Romani, essendo assediato Casalino loro castello da Annibale, che, non potendo per il fiume mandare loro altro, gittorno in quello gran quantit di noci, le quali, portate dal fiume sanza potere essere impedite, ciborno pi tempo i Casalinesi. Alcuni assediati, per mostrare al nimico che gli avanza loro grano e per farlo disperare che non possa per fame assediargli, hanno o gittato pane fuora delle mura, o dato mangiare grano ad uno giovenco, e quello di poi lasciato pigliare, acci che, morto e trovatolo pieno di grano, mostri quella abbondanza che non hanno. Dall'altra parte, i capitani eccellenti hanno usato vari termini per affamare il nimico. Fabio lasci seminare a' Campani, acci che mancassero di quel frumento che seminavano. Dionisio, essendo a campo a Reggio, finse di volere fare con loro accordo, e durante la pratica si faceva provvedere da vivere, e quando poi gli ebbe per questo modo voti di frumento, gli ristrinse ed affamogli. Alessandro Magno, volendo espugnare Leucadia, espugn tutti i castegli allo intorno, e gli uomini di quegli lasci rifuggire in quella; e cos, sopravvenendo assai moltitudine, l'affam. Quanto agli assalti, si detto che altri si debbe guardare dal primo impeto; col quale i Romani occuparono molte volte di molte terre, assaltandole ad un tratto e da ogni parte, e chiamavanlo "Aggredi urbem corona", come fece Scipione, quando occup Cartagine Nuova in Ispagna. Il quale impeto se si sostiene, con diffficult sei poi superato. E se pure egli occorresse che il nimico fusse entrato dentro nella citt per avere sforzate le mura, ancora i terrazzani vi hanno qualche rimedio, se non si abbandonano; perch molti eserciti sono, poi che sono entrati in una terra, stati o ributtati o morti. Il rimedio che i terrazzani si mantengano ne' luoghi alti e dalle case e dalle torri gli combattano. La quale cosa coloro che sono entrati nelle citt si sono ingegnati vincere in due modi: l'uno, con aprire le porte della citt e fare la via a' terrazzani che securamente si possano fuggire; l'altro, col mandare fuora una voce che significhi che non si offenda se non gli armati, e a chi getta l'armi in terra si perdoni. La quale cosa ha renduta facile la vittoria di molte citt. Sono facili, oltre a questo, le citt ad espugnarle, se tu giugni loro addosso imprevisto; il che si fa, trovandosi con lo esercito discosto, in modo che non si creda o che tu le voglia assaltare, o che tu possa farlo sanza che si presenta per la distanza del luogo. Donde che se tu secretamente e sollecitamente le assalti, quasi sempre ti succeder di riportarne la vittoria. Io ragiono male volentieri delle cose successe de' nostri tempi, perch di me e de' miei mi sarebbe carico a ragionare; d'altri non saprei che mi dire. Nondimeno non posso a questo proposito non addurre lo esemplo di Cesare Borgia, chiamato duca Valentino; il quale, trovandosi a Nocera con le sue genti, sotto colore di andare a' danni di Camerino si volse verso lo stato d'Urbino, ed occup uno stato in uno giorno e sanza alcuna fatica, il quale un altro con assai tempo e spesa non arebbe appena occupato. Conviene ancora, a quegli che sono assediati, guardarsi dagli inganni e dalle astuzie del nimico, e per non si deono fidare gli assediati d'alcuna cosa che veggano fare al nimico continuamente, ma credano sempre che vi sia sotto lo inganno e che possa a loro danno variare. Domizio Calvino, assediando una terra, prese per consuetudine di circuire ogni giorno, con buona parte delle sue genti, le mura di quella. Donde credendo i terrazzani lo facesse per esercizio, allentarono le guardie; di che accortosi Domizio, gli assalt ed espugnogli. Alcuni capitani, avendo presentito che doveva venire aiuto agli assediati, hanno vestiti loro soldati sotto le insegne di quegli che dovevano venire, ed essendo stati intromessi hanno occupato la terra. Cimone ateniese messe fuoco una notte in uno tempio che era fuora della terra, onde i terrazzani, andando a soccorrerlo, lasciarono in preda la terra al nimico. Alcuni hanno morti quegli che del castello assediato vanno a saccomanno e rivestiti i suoi soldati con la veste de' saccomanni; i quali di poi gli hanno dato la terra. Hanno ancora usato gli antichi capitani vari termini da spogliare di guardie le terre che vogliono pigliare. Scipione, sendo in Affrica e desiderando occupare alcuni castegli ne' quali erano messe guardie da' Cartaginesi, finse pi volte di volergli assaltare, ma poi per paura non solamente astenersi, ma discostarsi da quegli. Il che credendo Annibale essere vero, per seguirlo con maggiore forze e per potere pi facilmente opprimerlo, trasse tutte le guardie di quegli; il che Scipione conosciuto, mand Massinissa suo capitano ad espugnargli. Pirro, faccendo guerra in Schiavonia ad una citt capo di quello paese, dove era ridotta assai gente in guardia, finse di essere disperato di poterla espugnare e, voltatosi agli altri luoghi, fece che quella per soccorrergli si vot di guardie e divent facile ad essere sforzata. Hanno molti corrotte l'acque e derivati i fiumi per pigliare le terre, ancora che di poi non riuscisse. Fannosi facili ancora gli assediati ad arrendersi, spaventandogli con significare loro una vittoria avuta o nuovi aiuti che vengano in loro disfavore. Hanno cerco gli antichi capitani occupare le terre per tradimento, corrompendo alcuno di dentro; ma hanno tenuti diversi modi. Alcuno ha mandato uno suo che, sotto nome di fuggitivo, prenda autorit e fede co' nimici, la quale di poi usi in benificio suo. Alcuno per questo mezzo ha inteso il modo delle guardie e, mediante quella notizia, presa la terra. Alcuno ha impedito la porta, ch'ella non si possa serrare, con uno carro e con travi sotto qualche colore, e per questo modo fatto l'entrare facile al nimico. Annibale persuase ad uno che gli desse uno castello de' Romani e che fingesse di andare a caccia la notte, mostrando non potere andare di giorno per paura de' nimici, e, tornando di poi con la cacciagione, mettesse dentro con seco de' suoi uomini e, ammazzata la guardia, gli desse la porta. Ingannansi ancora gli assediati col tirargli fuora della terra ediscostargli da quella, mostrando, quando essi ti assaltano, di fuggire. E molti, tra' quali fu Annibale, hanno non ch'altro, lasciatosi torre gli alloggiamenti per avere occasione di mettergli in mezzo e torre loro la terra. Ingannansi ancora col fingere di partirsi, come fece Formione ateniese; il quale, avendo predato il paese de' Calcidensi, ricev di poi i loro ambasciadori, riempiendo la loro citt di sicurt e di buone promesse sotto le quali, come uomini poco cauti, furono poco di poi da Formione oppressi. Debbonsi gli assediati guardare dagli uomini che egli hanno fra loro sospetti, ma qualche volta si suole cos assicurarsene col merito come con la pena. Marcello, conoscendo come Lucio Banzio Nolano era volto a favorire Annibale, tanta umanit e liberalit us verso di lui, che di nimico se lo fece amicissimo. Deono gli assediati usare pi diligenza nelle guardie, quando il nimico si discostato, che quando egli propinquo; e deono guardare meglio quegli luoghi i quali pensano che possano essere offesi meno; perch si sono perdute assai terre quando il nimico le assalta da quella parte donde essi non credono essere assaltati. E questo inganno nasce da due cagioni: o per essere il luogo forte e credere che sia inaccessibile, o per essere usata arte dal nimico di assaltargli da uno lato , con romori finti e, dall'altro, taciti e con assalti veri. E per deono gli assediati avere a questo grande avvertenza, e sopra tutto d'ogni tempo, e massime la notte, fare buone guardie alle mura; e non solamente preporvi uomini, ma i cani, e torgli feroci e pronti, i quali col fiuto presentano il nimico e con lo abbaiare lo scuoprano. E non che i cani, si trovato che l'oche hanno salvo una citt, come intervenne a' Romani quando i Franzesi assediavano il Campidoglio. Alcibiade, per vedere se le guardie vigilavano, essendo assediata Atene dagli Spartani, ordin che, quando la notte egli alzasse uno lume, tutte le guardie lo alzassero, constituendo pena a chi non lo osservasse. Ificrate ateniese ammazz una guardia che dormiva, dicendo di averlo lasciato come l'aveva trovato. Hanno coloro che sono assediati tenuti vari modi a mandare avvisi agli amici loro, e per non mandare imbasciate a bocca, scrivono lettere in cifera e nascondonle in vari modi: le cifere sono secondo la volont di chi l'ordina, il modo del nasconderle vario. Chi ha scritto il fodero, dentro, d'una spada; altri hanno messe le lettere in uno pane crudo, e di poi cotto quello e datolo come per suo cibo a colui che le porta. Alcuni se le sono messe ne' luoghi pi secreti del corpo. Altri le hanno messe in un collare d'uno cane che sia familiare di quello che le porta. Alcuni hanno scritto in una lettera cose ordinarie, e di poi, tra l'uno verso e l'altro, scritto con acque che, bagnandole e scaldandole, poi le lettere appariscano. Questo modo stato astutissimamente osservato ne' nostri tempi; dove che, volendo alcuno significare cose da tenere secrete a' suoi amici che dentro a una terra abitavano, e non volendo fidarsi di persona, mandava scomuniche scritte secondo la consuetudine ed interlineate, come io dico di sopra, e quelle faceva alle porte de' templi suspendere; le quali conosciute da quegli che per gli contrassegni le conoscevano, erano spiccate e lette. Il quale modo cautissimo, perch chi le porta vi pu esser ingannato e non vi corre alcuno pericolo. Sono infiniti altri modi che ciascuno per se medesimo pu fingere e trovare. Ma con pi facilit si scrive agli assediati, che gli assediati agli amici di fuora, perch tali lettere non le possono mandare, se non per uno che sotto ombra di fuggitivo esca della terra, il che cosa dubbia e pericolosa quando il nimico punto cauto. Ma quelli che mandono dentro, pu quello che mandato, sotto molti colori andare nel campo che assedia, e di quivi, presa conveniente occasione, saltare nella terra. Ma vegnamo a parlare delle presenti espugnazioni; e dico che s'egli occorre che tu sia combattuto nella tua citt, che non sia ordinata co' fossi dalla parte di dentro, come poco fa dimostrammo, a volere che il nimico non entri per le rotture del muro che l'artiglieria fa (perch alla rottura ch'ella non si faccia non rimedio), ti necessario, mentre che l'artiglieria batte, muovere uno fosso dentro al muro che percosso, largo almeno trenta braccia, e gittare tutto quello che si cava di verso la terra, che faccia argine e pi profondo il fosso; e ti conviene sollecitare questa opera in modo che, quando il muro caggia, il fosso sia cavato almeno cinque o sei braccia. Il quale fosso necessario, mentre che si cava, chiudere da ogni fianco con una casamatta. E quando il muro s gagliardo che ti dia tempo a fare il fosso e le casematte, viene ad essere pi forte quella parte battuta che il resto della citt, perch tale riparo viene ad avere la forma che noi demmo a' fossi di dentro Ma quando il muro debole e che non ti dia tempo, allora che bisogna mostrare la virt, ed opporvisi con le genti armate e con tutte le forze tue. Questo modo di riparare fu osservato da' Pisani, quando voi vi andavi a campo; e poterono farlo, perch avevano le mura gagliarde, che davano loro tempo, e il terreno tenace e attissimo a rizzare argini e fare ripari. Che se fussono mancati di questa commodit, si sarebbero perduti. Pertanto si far sempre prudentemente a provvedersi prima, faccendo i fossi dentro alla sua citt e per tutto il suo circuito, come poco fa divisammo; perch in questo caso si aspetta ozioso e sicuro il nemico, essendo i ripari fatti. Occupavano gli antichi molte volte le terre con le cave sutterranee in due modi: o e' facevano una via sotterra segretamente che riusciva nella terra, e per quella entravano (nel quale modo i Romani presono la citt de' Veienti ) o con le cave scalzavano uno muro e facevanlo rovinare. Questo ultimo modo oggi pi gagliardo e fa che le citt poste alto sieno pi deboli, perch si possono meglio cavare; e mettendo di poi nelle cave di quella polvere che in istante si accende, non solamente rovina uno muro, ma i monti si aprono e le fortezze tutte in pi parti si dissolvono. Il rimedio a questo edificare in piano e fare il fosso che cigne la tua citt tanto profondo, che il nimico non possa cavare pi basso di quello che non trovi l'acqua, la quale solamente nimica di queste cave. E se pure ti truovi con la terra che tu difendi in poggio, non puoi rimediarvi con altro che fare dentro alle tue mura assai pozzi profondi; i quali sono come sfogatoi a quelle cave che il nimico ti potesse ordinare contra. Un altro rimedio fargli una cava all'incontro, quando ti accorgessi donde quello cavasse; il quale modo facilmente lo impedisce, ma difficilmente si prevede, essendo assediato da uno nimico cauto. Deve sopra tutto avere cura, quello che assediato, di non essere oppresso ne' tempi del riposo, come dopo una battaglia avuta, dopo le guardie fatte, che la mattina al fare del giorno, la sera tra d e notte, e sopra tutto quando si mangia; nel quale tempo molte terre sono espugnate e molti eserciti sono stati da quegli di dentro rovinati. Per si debbe con diligenza da ogni parte stare sempre guardato e in buona parte armato. Io non voglio mancare di dirvi come quello che fa difficile il difendere una citt o uno alloggiamento, lo avere a tenere disunite tutte le forze che tu hai in quegli; perch, potendoti il nimico assalire a sua posta tutto insieme da qualunque banda, ti conviene tenere ogni luogo guardato; e cos quello ti assalta con tutte le forze e tu con parte di quelle ti difendi. Pu ancora lo assediato essere vinto in tutto; quello di fuora non pu essere se non ributtato; onde che molti che sono stati assediati o nello alloggiamento o in una terra, ancora che inferiori di forze sono usciti con tutte le loro genti ad un tratto fuora e hanno superato il nimico. Questo fece Marcello a Nola, questo fece Cesare in Francia, che, essendogli assaltati gli alloggiamenti da uno numero grandissimo di Franzesi e veggendo non gli potere difendere per avere a dividere le sue forze in pi parti, e non potere, stando dentro agli steccati, con empito urtare il nimico, aperse da una banda lo alloggiamento, e, rivoltosi in quella parte con tutte le forze, fece tanto impeto loro contra e con tanta virt che gli super e vinse. La costanza ancora degli assediati fa molte volte disperare e sbigottire coloro che assediano. Essendo Pompeo a fronte di Cesare e patendo assai l'esercito Cesariano per la fame, fu portato del suo pane a Pompeo; il quale vedendo fatto di erbe, comand che non si mostrasse al suo esercito per non lo fare sbigottire, vedendo quali nimici aveva all'incontro. Niuna cosa fece tanto onore a' Romani nella guerra di Annibale quanto la costanza loro, perch in qualunque pi nimica e avversa fortuna mai non domandorono pace, mai fecero alcun segno di timore; anzi, quando Annibale era allo intorno di Roma. Si venderono quegli campi dove egli aveva posti i suoi alloggiamenti, pi pregio che per l'ordinario per altri tempi venduti non si sarebbono; e stettero in tanto ostinati nelle imprese loro, che, per difendere Roma, non vollero levare le offese da Capua, la quale, in quel medesimo tempo che Roma era assediata, i Romani assediavano. Io so che io vi ho detto di molte cose le quali per voi medesimi avete potuto intendere e considerare; nondimeno l'ho fatto, come oggi ancora vi dissi, per potervi mostrare, mediante quelle, meglio la qualit di questo esercizio e ancora per sodisfare a quegli, se alcuno ce ne fusse, che non avessero avuta quella commodit di intenderle che voi. N mi pare che ci resti altro a dirvi che alcune regole generali, le quali voi averete familiarissime; che sono queste:
         Quello che giova al nimico nuoce a te, e quel che giova a te nuoce al nimico.
         Colui che sar nella guerra pi vigilante a osservare i disegni del nimico e pi durer fatica ad esercitare il suo esercito, in minori pericoli incorrer e pi potr sperare della vittoria.
         Non condurre mai a giornata i tuoi soldati, se prima non hai confermato l'animo loro e conosciutogli sanza paura e ordinati; n mai ne farai pruova, se non quando vedi ch'egli sperano di vincere.
         Meglio vincere il nimico con la fame che col ferro, nella vittoria del quale pu molto pi la fortuna che la virt.
         Niuno partito migliore che quello che sta nascoso al nimico infino che tu lo abbia eseguito.
         Sapere nella guerra conoscere l'occasione e pigliarla, giova pi che niuna altra cosa.
         La natura genera pochi uomini gagliardi; la industria e lo esercizio ne fa assai.
         Pu la disciplina nella guerra pi che il furore.
         Quando si partono alcuni dalla parte nimica per venire a' servizi tuoi, quando sieno fedeli vi sar sempre grandi acquisti; perch le forze degli avversari pi si minuiscono con la perdita di quegli che si fuggono, che di quegli che sono ammazzati, ancora che il nome de' fuggitivi sia a' nuovi amici sospetto, a' vecchi odioso.
         Meglio , nell'ordinare la giornata, riserbare dietro alla prima fronte assai aiuti, che, per fare la fronte maggiore, disperdere i suoi soldati.
         Difficilmente vinto colui che sa conoscere le forze sue e quelle del nimico.
         Pi vale la virt de' soldati che la moltitudine; pi giova alcuna volta il sito che la virt.
         Le cose nuove e sbite sbigottiscono gli eserciti le cose consuete e lente sono poco stimate da quegli; per farai al tuo esercito praticare e conoscere con piccole zuffe un nimico nuovo, prima che tu venga alla giornata con quello.
         Colui che seguita con disordine il nimico poi ch'egli rotto, non vuole fare altro che diventare, di vittorioso, perdente.
         Quello che non prepara le vettovaglie necessarie al vivere vinto sanza ferro.
         Chi confida pi ne' cavagli che ne' fanti, o pi ne' fanti che ne' cavagli, si accomodi col sito.
         Quando tu vuoi vedere se, il giorno, alcuna spia venuta in campo, fa' che ciascuno ne vadia al suo alloggiamento. Muta partito, quando ti accorgi che il nimico l'abbia previsto.
         Consgliati, delle cose che tu dei fare, con molti; quello che di poi vuoi fare confenferisci con pochi.
         I soldati, quando dimorano alle stanze, si mantengano col timore e con la pena; poi, quando si conducono alla guerra, con la speranza e col premio.
         I buoni capitani non vengono mai a giornata se la necessit non gli strigne o la occasione non gli chiama.
         Fa' che i tuoi nimici non sappiano come tu voglia ordinare l'esercito alla zuffa: e in qualunque modo l'ordini, fa' che le prime squadre possano essere ricevute dalle seconde e dalle terze.
         Nella zuffa non adoperare mai una battaglia ad un'altra cosa che a quella per che tu l'avevi deputata, se tu non vuoi fare disordine.
         Agli accidenti sbiti con difficult si rimedia, a' pensati con facilit.
         Gli uomini, il ferro, i danari e il pane sono il nervo della guerra; ma di questi quattro sono pi necessarii i primi due, perch gli uomini e il ferro truovano i danari e il pane, ma il pane e i danari non truovano gli uomini e il ferro.
         Il disarmato ricco premio del soldato povero.
         Avvezza i tuoi soldati a spregiare il vivere delicato e il vestire lussurioso.

         Questo quanto mi occorre generalmente ricordarvi; e so che si sarebbero possute dire molte altre cose in tutto questo mio ragionamento, come sarebbero: come e in quanti modi gli antichi ordinavano le schiere; come vestivano e come in molte altre cose si esercitavano e aggiugnervi assai particolari i quali non ho giudicati necessarii narrare, s perch per voi medesimi potete vederli s ancora perch la intenzione mia non stata mostrarvi appunto come l'antica milizia era fatta, ma come in questi tempi si potesse ordinare una milizia che avesse pi virt che quella che si usa. Donde che non mi parso delle cose antiche ragionare altro che quello che io ho giudicato a tale introduzione necessario. So ancora che io mi arei avuto ad allargare pi sopra la milizia a cavallo e di poi ragionare della guerra navale, perch chi distingue la milizia dice come egli uno esercizio di mare e di terra, a pi e a cavallo. Di quello di mare io non presumerei parlare, per non ne avere alcuna notizia; ma lascieronne parlare a' Genovesi e a' Viniziarni, i quali con simili studi hanno per lo addietro fatto gran cose. De' cavagli ancora non voglio dire altro che di sopra mi abbia detto, essendo, come io dissi, questa parte corrotta meno. Oltre a questo, ordinate che sono bene le fanterie, che sono il nervo dello esercito, si vengono di necessit a fare buoni cavagli. Solo ricorderei a chi ordinasse la milizia nel paese suo per riempierlo di cavagli, facesse due provvedimenti: l'uno, che distribuisse cavalle di buona razza per il suo contado e avvezzasse i suoi uomini a fare incette di puledri, come voi in questo paese fate de'vitegli e de' muli; l'altro, acci che gli incettanti trovassero il comperatore, proibirei il potere tenere mulo ad alcuno che non tenesse cavallo; talmente che, chi volesse tenere una cavalcatura sola, fusse costretto tenere cavallo; e di pi, che non potesse vestire di drappo se non chi tenesse cavallo. Questo ordine intendo essere stato fatto da alcuno principe ne' nostri tempi, e in brevissimo tempo avere nel paese suo ridotto una ottima cavalleria. Circa alle altre cose quanto si aspetta a' cavagli, mi rimetto a quanto oggi vi dissi e a quello che si costuma. Desidereresti forse ancora intendere quali parte debbe avere uno capitano? A che io vi sodisfar brevissimamente, perch io non saprei eleggere altro uomo che quello che sapesse fare tutte quelle cose che da noi sono state oggi ragionate; le quali ancora non basterebbero, quando non ne sapesse trovare da s, perch niuno sanza invenzione fu mai grande uomo nel mestiero suo; e se la invenzione fa onore nell'altre cose, in questo sopra tutto ti onora. E si vede ogni invento, ancora che debole, essere dagli scrittori celebrato; come si vede che lodano Alessandro Magno, che, per disalloggiare pi segretamente, non dava il segno con la tromba, ma con uno cappello sopra una lancia. E' laudato ancora per avere ordinato agli suoi soldati che, nello appiccarsi con gli nimici, s'inginocchiassero col pi manco, per potere pi gagliardamente sostenere l'impeto loro; il che avendogli dato la vittoria, gli dette ancora tanta lode, che tutte le statue, che si rizzavano in suo onore stavano in quella guisa. Ma perch'egli tempo di finire questo ragionamento, io voglio tornare a proposito; e parte fuggir quella pena in che si costuma condannare in questa terra coloro che non vi tornano. Se vi ricorda bene, Cosimo, voi mi dicesti che, essendo io dall'uno canto esaltatore della antichit e biasimatore di quegli che nelle cose gravi non la imitano, e, dall'altro, non la avendo io nelle cose della guerra, dove io mi sono affaticato, imitata, non ne potevi ritrovare la cagione; a che io risposi come gli uomini che vogliono fare una cosa, conviene prima si preparino a saperla fare, per potere poi operarla quando l'occasione lo permetta Se io saprei ridurre la milizia ne' modi antichi o no, io ne voglio per giudici voi che mi avete sentito sopra questa materia lungamente disputare; donde voi avete potuto conoscere quanto tempo io abbia consumato in questi pensieri, e ancora credo possiate immaginare quanto disiderio sia in me di mandargli ad effetto. Il che se io ho potuto fare, o se mai me ne stata data occasione, facilmente potete conietturarlo. Pure per farvene pi certi, e per pi mia giustificazione, voglio ancora addurne le cagioni; e parte vi osserver quanto promissi di dimostrarvi: le difficult e le facilit che sono al presente in tali imitazioni. Dico pertanto come niuna azione che si faccia oggi tra gli uomini, pi facile a ridurre ne' modi antichi che la milizia, ma per coloro soli che sono principi di tanto stato, che potessero almeno di loro suggetti mettere insieme quindici o ventimila giovani. Dall'altra parte, niuna cosa pi difficile che questa a coloro che non hanno tale commodit. E perch voi intendiate meglio questa parte, voi avete a sapere come e' sono di due ragioni capitani lodati. L'una quegli che con uno esercito ordinato per sua naturale disciplina hanno fatto grandi cose, come furono la maggior parte de' cittadini romani e altri che hanno guidati eserciti; i quali non hanno avuto altra fatica che mantenergli buoni e vedere di guidargli sicuramente. L'altra quegli che non solamente hanno avuto a superare il nimico, ma, prima ch'egli arrivino a quello, sono stati necessitati fare buono e bene ordinato l'esercito loro- i quali sanza dubbio meritono pi lode assai che non hanno meritato quegli che con gli eserciti antichi e buoni hanno virtuosamente operato. Di questi tali fu Pelopida ed Epaminonda, Tullo Ostilio, Filippo di Macedonia padre d'Alessandro, Ciro re de' Persi, Gracco romano. Costoro tutti ebbero prima a fare l'esercito buono, e poi combattere con quello. Costoro tutti lo poterono fare, s per la prudenza loro, s per avere suggetti da potergli in simile esercizio indirizzare. N mai sarebbe stato possibile che alcuno di loro, ancora che uomo pieno d'ogni eccellenza, avesse potuto in una provincia aliena, piena di uomini corrotti, non usi ad alcuna onesta ubbidienza, fare alcuna opera lodevole. Non basta adunque in Italia il sapere governare uno esercito fatto, ma prima necessario saperlo fare e poi saperlo comandare E di questi bisogna sieno quegli principi che, per avere molto stato e assai suggetti, hanno commodit di farlo. De' quali non posso essere io che non comandai mai, n posso comandare se non a eserciti forestieri e a uomini obligati ad altri e non a me. Ne' quali s'egli possibile o no introdurre alcuna di quelle cose da me oggi ragionate, lo voglio lasciare nel giudicio vostro. Quando potrei io fare portare a uno di questi soldati che oggi si praticano, pi armi che le consuete, e oltra alle armi, il cibo per due o tre giorni e la zappa? Quando potrei io farlo zappare o tenerlo ogni giorno molte ore sotto l'armi negli esercizi finti, per potere poi ne' veri valermene? Quando si asterrebbe egli da' giuochi, dalle lascivie, dalle bestemmie, dalle insolenze che ogni d fanno? Quando si ridurrebbero eglino in tanta disciplina e in tanta ubbidienza e reverenza, che uno arbore pieno di pomi nel mezzo degli alloggiamenti vi si trovasse e lasciasse intatto, come si legge che negli eserciti antichi molte volte intervenne? Che cosa posso io promettere loro, mediante la quale e' mi abbiano con reverenza ad amare o temere, quando, finita la guerra, e' non hanno pi alcuna cosa a convenire meco ? Di che gli ho io a fare vergognare, che sono nati e allevati sanza vergogna? Perch mi hanno eglino ad osservare, che non mi conoscono? Per quale Iddio, o per quali santi gli ho io a fare giurare? Per quei ch'egli adorano, o per quei che bestemmiano? Che ne adorino non so io alcuno, ma so bene che li bestemmiano tutti. Come ho io a credere ch'egli osservino le promesse a coloro che ad ogni ora essi dispregiano? Come possono coloro che dispregiano Iddio, riverire gli uomini ? Quale dunque buona forma sarebbe quella che si potesse imprimere in questa materia ? E se voi mi allegassi che i Svizzeri e gli Spagnuoli sono buoni io vi confesserei come eglino sono di gran lunga migliori che gli Italiani; ma se voi noterete il ragionamento mio e il modo del procedere d'ambidue, vedrete come e' manca loro di molte cose ad aggiugnere alla perfezione degli antichi. E i Svizzeri sono fatti buoni da uno loro naturale uso causato da quello che oggi vi dissi, quegli altri da una necessit; perch, militando in una provincia forestiera e parendo loro essere costretti o morire o vincere, per non parere loro avere luogo alla fuga, sono diventati buoni. Ma una bont in molte parti defettiva, perch in quella non altro di buono, se non che si sono assuefatti ad aspettare il nimico infino alla punta della picca e della spada. N quello che manca loro, sarebbe alcuno atto ad insegnarlo, e tanto meno chi non fusse della loro lingua. Ma torniamo agli Italiani, i quali, per non avere avuti i principi savi, non hanno preso alcuno ordine buono, e, per non avere avuto quella necessit che hanno avuta gli Spagnuoli, non gli hanno per loro medesimi presi; tale che rimangono il vituperio del mondo. Ma i popoli non ne hanno colpa, ma s bene i principi loro; i quali ne sono stati gastigati, e della ignoranza loro ne hanno portate giuste pene perdendo ignominiosamente lo stato, e sanza alcuno esemplo virtuoso. Volete voi vedere se questo che io dico vero? Considerate quante guerre sono state in Italia dalla passata del re Carlo ad oggi; e solendo le guerre fare uomini bellicosi e riputati, queste quanto pi sono state grandi e fiere, tanto pi hanno fatto perdere di riputazione alle membra e a' capi suoi. Questo conviene che nasca che gli ordini consueti non erano e non sono buoni; e degli ordini nuovi non ci alcuno che abbia saputo pigliarne. N crediate mai che si renda riputazione alle armi italiane, se non per quella via che io ho dimostra e mediante coloro che tengono stati grossi in Italia; perch questa forma si pu imprimere negli uomini semplici, rozzi e proprii, non ne' maligni male custoditi e forestieri. N si troverr mai alcuno buono scultore che creda fare una bella statua d'un pezzo di marmo male abbozzato, ma s bene d'uno rozzo. Credevano i nostri principi italiani, prima ch'egli assaggiassero i colpi delle oltramontane guerre, che a uno principe bastasse sapere negli scrittoi pensare una acuta risposta, scrivere una bella lettera, mostrare ne' detti e nelle parole arguzia e prontezza, sapere tessere una fraude, ornarsi di gemme e d'oro, dormire e mangiare con maggiore splendore che gli altri, tenere assai lascivie intorno, governarsi co' sudditi avaramente e superbamente, marcirsi nello ozio, dare i gradi della milizia per grazia disprezzare se alcuno avesse loro dimostro alcuna lodevole via, volere che le parole loro fussero responsi di oraculi; ne si accorgevano i meschini che si preparavano ad essere preda di qualunque gli assaltava. Di qui nacquero poi nel mille quattrocento novantaquattro i grandi spaventi, le sbite fughe e le miracolose perdite; e cos tre potentissimi stati che erano in Italia, sono stati pi volte saccheggiati e guasti. Ma quello che peggio, che quegli che ci restano stanno nel medesimo errore e vivono nel medesimo disordine, e non considerano che quegli che anticamente volevano tenere lo stato, facevano e facevano fare tutte quelle cose che da me si sono ragionate, e che il loro studio era preparare il corpo a' disagi e lo animo a non temere i pericoli. Onde nasceva che Cesare, Alessandro e tutti quegli uomini e principi eccellenti, erano i primi tra' combattitori, andavano armati a pi, e se pure perdevano lo stato, e' volevano perdere la vita; talmente che vivevano e morivano virtuosamente. E se in loro, o in parte di loro, si poteva dannare troppa ambizione di regnare, mai non si troverr che in loro si danni alcuna mollizie o alcuna cosa che faccia gli uomini delicati e imbelli. Le quali cose, se da questi principi fussero lette e credute, sarebbe impossibile che loro non mutassero forma di vivere e le provincie loro non mutassero fortuna. E perch voi, nel principio di questo nostro ragionamento, vi dolesti della vostra ordinanza, io vi dico che, se voi la avete ordinata come io ho di sopra ragionato ed ella abbia dato di s non buona esperienza, voi ragionevolmente ve ne potete dolere; ma s'ella non cos ordinata ed esercitata come ho detto, ella pu dolersi di voi che avete fatto uno abortivo, non una figura perfetta. I Viniziani ancora e il duca di Ferrara la cominciarono e non la seguirono; il che stato per difetto loro, non degli uomini loro. E io vi affermo che qualunque di quelli che tengono oggi stati in Italia prima entrerr per questa via, fia, prima che alcuno altro, signore di questa provincia, e interverr allo stato suo come al regno de' Macedoni, il quale, venendo sotto a Filippo che aveva imparato il modo dello ordinare gli eserciti da Epaminonda tebano, divent, con questo ordine e con questi esercizi, mentre che l'altra Grecia stava in ozio e attendeva a recitare commedie, tanto potente che potette in pochi anni tutta occuparla, e al figliuolo lasciare tale fondamento, che pot farsi principe di tutto il mondo. Colui adunque che dispregia questi pensieri, s'egli principe, dispregia il principato suo; s'egli cittadino, la sua citt. E io mi dolgo della natura, la quale o ella non mi dovea fare conoscitore di questo, o ella mi doveva dare facult a poterlo eseguire. N penso oggimai, essendo vecchio, poterne avere alcuna occasione, e per questo io ne sono stato con voi liberale che, essendo giovani e qualificati, potrete, quando le cose dette da me vi piacciano, ai debiti tempi, in favore de' vostri principi, aiutarle e consigliarle. Di che non voglio vi sbigottiate o diffidiate, perch questa pronvincia pare nata per risuscitare le cose morte, come si visto della poesia, della pittura e della scultura. Ma quanto a me si aspetta, per essere in l con gli anni, me ne diffido. E veramente, se la fortuna mi avesse conceduto per lo addietro tanto stato quanto basta a una simile impresa, io crederei, in brevissimo tempo, avere dimostro al mondo quanto gli antichi ordini vagliono; e sanza dubbio o io l'arei accresciuto con gloria o perduto senza vergogna.